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E a un certo punto, noi nativi pre-digitali, ci rendemmo conto di avere inesorabilmente perso quelle piccole abitudini, quegli oggetti familiari, legati a un ritmo di vita ancora analogico.
E cominciammo a fare l’inventario di tutto quello che la rivoluzione digitale ci aveva portato via.

L’Enciclopedia

Ovvero quando la conoscenza ostentava una certa materialità

Quando telecomunicazione, svago mediatico e acquisizione del sapere erano ancora in formato analogico, c’era una geografia domestica ben precisa che delimitava lo svolgimento di queste attività. Alla comunicazione con il mondo esterno era delegato “l’angolo telefono”: poltroncina e tavolino che, oltre a sorreggere l’apparecchio in questione, conteneva anche le relative rubriche e il blocco per appunti con lapis (il centrino ricamato su cui poggiare il telefono era facoltativo ma consigliato). Lo svago mediatico, invece, avveniva tassativamente in soggiorno, al cospetto del televisore monolite che dispensava la limitata rosa di spettacoli concessa dal granitico palinsesto dell’epoca.

La serata diapositive

ovvero l’amichevole imposizione dell’egotismo

Ieri come oggi, tolleriamo di buon grado una particolare forma di invadenza dell’ego altrui nella nostra sfera privata, forse perché sotto sotto sappiamo che anche noi non siamo immuni da questa debolezza narcisistica. Perché come definire – se non “debolezza narcisistica” – la pretesa che il resoconto fotografico di una nostra esperienza tutto sommato banale come una vacanza possa interessare altri?

Mentre oggi la sottomissione a questa pretesa comporta nella maggioranza dei casi solo un sopportabile stillicidio di foto di amici o conoscenti all’interno delle nostre telematiche bacheche sociali, ieri poteva assumere una forma quasi vessatoria qualora si fosse concretizzata nella famigerata “serata diapositive”.

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